Le norme del Codice penale, e più in generale le leggi dello Stato trovano il più sicuro fondamento del loro rispetto non nel timore della sanzione, ma nella coscienza etica dei consociati. Il sistema processuale minorile si caratterizza per il costante rimando alle esigenze educative del soggetto minorenne. Esigenze che, essendo ovviamente individuali e avendo a che fare dunque con la coscienza etico-pratica di ciascun individuo, implicano un ampliamento virtuoso della discrezionalità del giudice in direzione del fatto educativo. Prof. Bianchi, vorrei porle alcune questioni per quanto riguarda la funzione pedagogica della giustizia minorile nell’intervento socioassistenziale in Italia, e non solo in Italia visto che lei è uno studioso che si occupa di pedagogia e neuropsicoanalisi in area francofona e slavofila. In modo particolare vorrei indagare insieme a lei quello che negli anni Novanta – con un vostro gruppo di ricerca che faceva capo alla cattedra di Psicologia Giuridica dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” – avete chiamato «lo speciale fine educativo del Nuovo Processo Penale Minorile». Lei mi ha già detto come quel primo programma si sarebbe poi sviluppato all’interno di “Giù le mani dai bambini!! Educazione e diritto – Educazione ed arte”. Nel 1996, all’interno della EEP, l’École européenne de Psychanalyse di Parigi, nella rivista mensile della SISEP (Sezione Italiana Scuola Europea di Psicoanalisi) e in collaborazione con la cattedra romana di Psicologia Giuridica uscì poi a sua firma – insieme a Massimo Termini -, il saggio Giustizia minorile e servizi socio-sanitari: ‘sostegno’ e ‘posizione’ dell’operatore nell’intervento di Assistenza Domiciliare. Vorrei chiederle di illustrarcene le linee guida, ed eventualmente di indicarcene l’attualità e la connessione, se possibile, col suo lavoro più recente sulla ricerca pedagogica dell’Accademia russa.

Giù le mani dai bambini!! Educazione e diritto – Educazione ed arte è un programma di ricerca legato alla tesi dell’inter|cultura introdotta nel 2013 all’interno dei laboratori dell’Associazione culturale Terra d’Arte. Il periodico di arte e cultura dell’associazione – Il volo del gabbiano – pubblicò proprio in quell’anno il Manifesto per una filosofia dell’inter|cultura, che fu riproposto nel 2014 sull’Attualità, a cura del movimento salveminiano. Si tratta di un work in progress a firma plurima, prodotto nel laboratorio di studi politici e di estetica giuridica per “I Seminari” di Terra d’Arte – inizialmente in collaborazione con il movimento femminista transnazionale Eudonna – che denominiamo da tempo “Metacritica della sessualità, ovvero il femminile nell’arte”. In seguito, la ricerca artistica interna al nostro progetto ha cominciato a definirsi sotto il doppio programma “Educazione e diritto – Educazione e arte” articolato a “Pittura per un suono povero”. Per un chiarimento del progetto di Terra d’Arte rinvio a due articoli pubblicati nel giugno 2015 su L’Attualità: Lettura del femminile nell’arte, a mia firma (il titolo originario era: “Dal ‘Manifesto per una filosofia dell’inter-cultura’ al ‘Manifesto per un suono povero’: piccola guida alla lettura del femminile nell’arte”), e Metacritica della sessualità, a firma di Stefano Valente, coautore dei nostri due manifesti di politica e di estetica. Di Valente si potranno leggere, ai nostri attuali scopi, La preziosa funzione della psicoanalisi. Medicina vs Sanità: una proposta decostruttiva, un articolo che uscirà nel numero di gennaio, e Alcuni aspetti di Pedagogia Forense, che uscirà nel numero di febbraio.

Tra i diversi problemi individuati dal primo Manifesto sull’inter|cultura ecco quello che mi preme sottolineare in questo momento, al fine di cominciare a parlare della funzione pedagogica della giustizia nel Nuovo Processo Penale Minorile del 1988 (dPR 448): senza una preliminare comprensione della cultura coloniale (Cultural Studies) non può essere possibile analizzarne le dinamiche politiche, e pertanto economiche. Solo per fare un esempio dei tanti possibili, tali dinamiche portano alle politiche di austerità oggi applicate in buona parte della Ue. Ignorare le dinamiche economiche di quella cultura significa proporre un’analisi superficiale del fenomeno del colonialismo e della sua eredità attuale, come già abbiamo mostrato nel Manifesto, precludendosi la possibilità di scoprire tanto altro. Per seguire l’esempio delle politiche d’austerità, sotto la lente dell’inter|cultura queste si rivelano chiaramente politiche di prelievo forzato. La nostra ricerca individua in tali logiche la tendenza a produrre costrutti teorici per gli interventi socio-sanitari viziati, incapaci poi di leggere la complessità, e la finezza sociopsicopedagogica, di un inedito, laboratoristico, ultrasperimentale e per più di un verso scandaloso costrutto giuridico come il dPR 448.

Vorrei precisare ancora che l’anno prossimo, a partire dal numero di marzo dell’Attualità, cominceremo a pubblicare Le donne del Donbass. Uno scambio di idee con Marinella Mondaini, Anna R. Rossi e Anna Grigor’evna Tuv, tra mondo russo e mondo anglosassone, su diritto romano e politiche economiche attuali. Si tratta di una serie di riflessioni che dovrebbero muoversi per così dire in parallelo alla nostra conversazione sulla funzione pedagogica della giustizia nel processo minorile, e completare il programma già avviato con Giù le mani dai bambini!! ‘L’invenzione del debito pubblico inestinguibile’ secondo Anna Rita Rossi. Un’intervista-dialogo sul cannibalismo finanziario internazionale. Si trattava di una serie di precedenti brevi scritti pubblicati irregolarmente sull’Attualità proprio a partire dal giugno del 2015, a partire, cioè, dal primo articolo che intitolavo Dai poteri invisibili di Bobbio alla proposta di Salvemini. Il giro si chiude considerando il saggio sull’ingiustizia sociale in Bobbio e Salvemini in corso di pubblicazione” – M. Bianchi

Nella seconda parte degli anni Novanta, studiando il funzionamento del Nuovo Processo Penale Minorile – che è del 1988 -, essendo i piani di sicurezza nell’“area socio-sanitaria” italiana su casi e problemi di criminalità e devianza non più di esclusiva competenza delle strutture e dei servizi della giustizia fin dalla riforma penitenziaria del 1975 – specie dopo il dPR 616/77 -, il vostro gruppo di ricerca in psicologia giuridica – professor Bianchi – non mancò di sottolineare come venne a ribadirsi, in modo chiaro e anche più netto rispetto al passato, l’esigenza d’una continuità negli interventi educativi e terapeutici, al fine di garantire una presa in carico globale del minore nei contesti familiari, scolastici e giudiziari, da parte dell’Ente Locale affidatario. Dopo questa evoluzione legislativa le Regioni, le Province, i Comuni, nell’ambito delle rispettive competenze, si confrontarono con l’esigenza d’attivare servizi e interventi – per una risposta sociale all’altezza del dPR 448/1988 – a tutte le forme di disagio e di disadattamento minorile che non superassero la soglia della trasgressione penale (in relazione alla competenza civile e amministrativa del Tribunale per i minorenni), per la risocializzazione dei minori che entrano nel sistema della giustizia penale (competenza penale del T.M. e delle strutture minorili della giustizia), e per il recupero dei minori tossicodipendenti con o senza problemi di giustizia penale (speciale competenza del T.M.).

“Sì, confermo, questa esigenza si concretizzò in ambito giuridico-penale proprio col dPR 448, che nel 1988 ampliava il ruolo e le competenze dei Servizi Locali, determinando all’art. 6 che: «in ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria si avvale dei Servizi Minorili dell’Amministrazione della Giustizia e dei Servizi di Assistenza istituiti dagli Enti Locali». Tutto ciò in effetti – come lei Avv. Abbate Trovato ha bene espresso – produce un ampliamento della discrezionalità del giudice in direzione di una partecipazione attiva del minorenne al progetto rieducativo in cui il Nuovo Processo Penale Minorile, peraltro, sembra consistere. Questo ampliamento della discrezionalità del giudice in direzione di una partecipazione attiva del minorenne al progetto rieducativo è la vera pietra dello scandalo del Nuovo Processo, come spero di poter chiarire in seguito. Per ora vorrei sottolineare un punto decisivo sul quale siamo già d’accordo. Lei, Avvocato, giustamente, colloca il fondamento stabile del rispetto della Legge non nel timore della sanzione ma nella coscienza etica del soggetto dell’azione, in questo caso il minorenne. Sull’altro piatto della bilancia esistono, ovviamente, esigenze di difesa collettiva contro l’atto criminoso. Ebbene tali esigenze sembrano garantite – come ha osservato più di un giurista – dalla maturata consapevolezza del ragazzo proprio all’interno del laboratorio del Nuovo Processo. Tale maturazione spesso è poi – sebbene non necessariamente – anche provata dalla capacità fattiva di uscire da tutte quelle difficoltà comportamentali che hanno portato il ragazzo al cospetto della legge, come imputato di un atto fuorilegge. Posta la legittimità delle esigenze di difesa collettiva contro l’atto criminoso in una non meglio specificata consapevolezza raggiunta e/o maturata, a ben vedere, e in ogni caso, sorge una nuova domanda. Cosa ci autorizza a rappresentarci le cose in modo tanto lineare? Perché porre la maturazione del giovane – l’esigenza, cioè della collettività di responsabilizzare questo “giovane” di fronte alla legge che la norma -, solo a livello di una constatazione esteriore? Solo, dunque, a livello delle rappresentazioni mentali di una coscienza? Ovvero solo a livello di una coscienza pensata come plesso di rappresentazioni mentali? Queste domande dovrebbero esserci utili per proseguire nella nostra indagine sulla funzione pedagogica della giustizia nel processo penale minorile” – M. Bianchi.

Con il contributo di Avv. Michelangelo Abbate Trovato

Intervista già pubblicata in L’Attualità di C. G. S. Salvemini, n. 11-12, 2018, pp. 6-7, qui riproposta in una forma modificata.


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