Continuando con l’idea di una alta professionalità1, sicuramente di primer piano è la figura dell’Esperto, per il quale il Codice della crisi prevede che risponda a specifici requisiti di indipendenza, anche in funzione dei rapporti che questo intrattiene all’interno del suo studio; in particolare l’esperto e i
professionisti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore; parimenti non devono essere stati membri degli organi di amministrazione o di controllo dell’impresa né aver posseduto partecipazioni in essa. Parimenti, l’esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata.

Nello svolgimento dell’incarico l’esperto deve rispettare alcuni obblighi e ha diverse facoltà tra cui:

  • verificare la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore chiedendo eventualmente alle parti tutte le informazioni utili o necessarie per l’incarico;
  • può avvalersi di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale. Queste figure che lo aiutano non devono essere legate all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale;
  • l’esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, davanti all’autorità giudiziaria.

L’esperto nello svolgimento dell’incarico può anche accedere alle banche dati e alle informazioni disponibili sulla piattaforma telematica dove si gestisce la fase di avvio della procedure di CNC, previo consenso prestato dall’imprenditore, e come anticipato può estrarre la documentazione e le informazioni necessarie per l’avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e con le parti interessate.

L’articolo 356 prevede che presso il Ministero della giustizia viene tenuto un albo dei soggetti, costituiti anche in forma associata o societaria, destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza.

Il secondo comma dell’articolo 356 prevede i requisiti, anche mediante rinvio ad altre norme, dei professionisti che possono essere iscritti nell’albo; specificatamente possono ottenere l’iscrizione i soggetti che, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 358, dimostrano di aver assolto gli obblighi di formazione di cui al decreto del Ministro della giustizia n. 202 del 24/9/2014. Per i professionisti iscritti agli ordini professionali degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, dei consulenti del lavoro la durata dei corsi di cui al predetto articolo 4, comma 5, lettera b), è di quaranta ore. Ai fini del primo popolamento dell’albo, possono ottenere l’iscrizione i soggetti in possesso dei requisiti di cui all’articolo 358, che documentano di essere stati nominati, in almeno due procedure negli ultimi quattro anni, curatori fallimentari, commissari o liquidatori giudiziali.

La nuova figura dell’esperto nominato dal Tribunale non è assimilabile a quella del coadiutore del curatore (dal quale quest’ultimo, anche nel nuovo assetto normativo, può farsi “affiancare” con l’autorizzazione del comitato dei creditori, e del cui compenso si deve tener conto ai fini della liquidazione del compenso del curatore: v. l’art. 129, co. 2, C.c.i., che ricalca sostanzialmente l’art. 32, co. 2, l.fall.). Si tratta, piuttosto, di una sorta di “co-curatore”, chiamato a svolgere alcuni specifici compiti tra quelli che normalmente sarebbero riservati al curatore.

Ciò si evince non solo dal fatto che all’esperto, per espressa previsione dell’art. 125, co. 2, C.c.i., si applicano “le disposizioni del comma 1 e degli articoli 123 e da 126 a 136 in quanto compatibili”, ossia le disposizioni sui poteri e doveri del curatore, ma anche dalla regolamentazione del suo compenso, rispetto al quale l’art. 137 C.c.i. (nel quale è stato “riversato”, con modificazioni, l’art. 39 l.fall.), al comma 5, stabilisce che “quando sono nominati esperti ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lettera b), alla liquidazione del compenso si applica il comma 3”, “parificando”, sotto il profilo dei compensi, la situazione di coesistenza del curatore e dell’esperto a quella della successione di più curatori nell’incarico, con liquidazione unitaria del compenso in base ai parametri dettati dal d.m. 30/2012 e suddivisione
proporzionale in base al contributo apportato da ciascuno ai risultati della procedura2 .

Poiché il Tribunale dovrà nominare l’esperto “se utile”, vi è da chiedersi quando debba ravvisarsi tale utilità. Si tratta di un accorgimento che dovrebbe garantire maggiore efficienza e celerità alla procedura, ad esempio consentendo di affiancare al curatore un professionista che si occupi della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura o dell’esercizio provvisorio dell’impresa, consentendo al curatore di concentrarsi sull’attività di analisi dei crediti in vista della redazione del progetto di stato passivo, ove particolarmente complesso.

Altro esempio può essere quello di un’impresa che al momento della dichiarazione di fallimento abbia ancora molti contratti di lavoro pendenti, rispetto ai quali, in assenza dei presupposti per disporre l’esercizio provvisorio, si rendano necessari specifici adempimenti per il cui espletamento può essere
opportuna la nomina di un esperto consulente del lavoro (sempre che lo stesso curatore non sia scelto tra gli iscritti all’albo dei consulenti del lavoro, in base alla nuova previsione contenuta nell’art. 358, co. 1, lett. a, C.c.i.).


La valutazione da parte del Tribunale circa l’effettiva sussistenza della suddetta utilità appare, tuttavia, tutt’altro che agevole, tenuto conto del fatto che l’esperto può essere nominato solo con la sentenza di dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, e, dunque, in un momento nel quale, solitamente (e salva l’ipotesi in cui l’apertura della liquidazione giudiziale consegua senza soluzione di continuità all’esito negativo di un concordato preventivo), non si dispone ancora di dettagliate informazioni in merito all’entità e alla composizione dell’attivo e del passivo e alla complessità dell’organizzazione dell’impresa.

Ai sensi dell’art. 49, comma 3, lett. b), c.c.i.i., il tribunale con la sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale, «nomina il curatore e, se utile, uno o più esperti per l’esecuzione di compiti specifici in luogo del curatore».

La norma, in sostanza, introduce la possibilità per il tribunale, ove appaia vantaggioso per lo svolgimento della procedura, di procedere con la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale alla nomina contestuale del curatore e della figura dell’esperto al quale demandare l’esecuzione di compiti specifici e analiticamente individuati da svolgere in sostituzione del curatore.

Si tratta di una importante novità normativa diretta, come si legge nella relazione illustrativa, ad introdurre «un accorgimento che dovrebbe garantire maggiore efficienza e celerità alla procedura, ad esempio consentendo di affiancare al curatore un professionista che si occupi della liquidazione di determinati beni fin dalla fase iniziale della procedura o dell’esercizio dell’impresa dell’imprenditore (l’attuale esercizio provvisorio), consentendo al curatore di concentrarsi sull’attività di analisi dei crediti in vista della redazione del progetto di stato passivo, ove particolarmente complesso».

L’esperto rappresenta, quindi, una figura autonoma alla quale il tribunale affida lo svolgimento di determinate attività che, per ciò stesso, sono sottratte ai compiti assegnati al curatore, con la conseguenza che esso gode di un’ampia autonomia nell’ambito delle attività affidategli, ed è responsabile, al pari del curatore, per gli atti posti in essere.

Tale conclusione è suffragata dall’art. 49, comma 3, lett. b), c.c.i.i. in combinato disposto con l’art. 125, comma 2, c.c.i.i. dove si dispone che «si applicano agli esperti nominati ai sensi dell’articolo 49, comma 3, lett. b), le disposizioni del comma 1 e degli art. 123 e da 126 a 136 in quanto compatibili». Il secondo comma dell’art. 125 c.c.i.i. pone in evidenza come la figura dell’esperto, così regolata, debba essere tenuta distinta da quelle rispettivamente del delegato e del coadiutore disciplinate dall’art. 129.

A cura di Avv. Gianluca Bruno

  1. vedi sul tema Diritto commerciale e crisi d’impresa: i professionisti della crisi, www.augeinformatv.it, 1 giugno 2024. ↩︎
  2. v. sul tema: Cass., S.U., 19 dicembre 2007, n. 26730; Cass., sez. VI, 26 giugno 2018, n. 16739; Cass., sez. VI, 31 lugio 2017, n. 19053; Cass., sez. VI, 13 dicembre 2016, n. 25532; Cass., sez. I, 4 marzo 2015, n. 4378; Cass., sez. I, 14 maggio 2014, n. 10455; Cass., sez. I, 15 marzo 2010, n. 6202; Cass., sez. I, 4 settembre 2009, n. 19230 ↩︎

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *